Avrei voluto essere una mosca

Questa mattina avrei voluto essere una mosca.

Abbiamo accompagnato Chiara al suo primo giorno di scuola, io cercando di essere tranquillo e la mamma cercando di non piangere come una fontana, mentre Chiara rimbalzava da una parte all’altra come Wile Coyote con il saltarello. Però senza saltarello.

Sapete com’è: stai nel cortile della scuola con tutti gli altri bambini di prima facendo qualche foto come tutti gli altri papà, ogni tanto guardi la mamma per vedere se ha cominciato a piangere a fontana, continuamente guardi tua figlia per fissarti nella testa la faccia di questo primo specialissimo giorno di scuola.

Poi d’un tratto la direttrice – che ha accolto uno per uno ogni bambino, eh, mica pizza e fichi – annuncia a tutti: “si entra!”.

Quel si entra è un po’ come habemus papam, nella quotidianità dei saluti con genitori che conoscevi già o che hai visto per la prima volta, nella normalità delle chiacchiere da dopo estate, d’un tratto tutta l’attenzione è attratta da qualcosa d’altro. Si entra.

Tua figlia fa uno scatto da centometrista e ti ritrovi in prima fila a varcare la soglia della scuola, a trovare una sedia, a guardare i compagni. Tutto d’un tratto i saluti tra genitori diventano saluti tra direttrice scolastica e nuovi alunni, poi subito dopo ti trovi in classe mentre si è già passati ai saluti tra maestra e genitori, un istante dopo guardi tua figlia seduta al banco con la sua nuova compagna di banco. Una compagna di banco!

Fai due foto anche in classe e poi succede di nuovo la stessa cosa quando la maestra annuncia a tutti: “comincia la lezione!”.

Due habemus papam nello stesso giorno non li avrà mai visti nessuno, ma il primo giorno di scuola succede anche questo. Ancora più in fretta di prima saluti la figlia, guardi la moglie per vedere se non sta piangendo a fontana e poi saluti la maestra cercando una frase intelligente e carina, sicuramente non banale, manco dovessi farla tu la bella figura: “buon inizio!” – “altrettanto”.

Esci.

E poi vorresti essere una mosca. Invisibile e non visto voleresti dentro alla classe entranto dal buco della serratura, ti metteresti sul soffitto nell’angolo più vicino alla tua bimba. Per guardare le sue reazioni, le sue facce, cercare di capirci qualcosa di questo primo giorno di scuola. Perché il tuo te lo ricordi confuso, eri tutto scombussolato.

La mamma non ha pianto quasi per niente e forse io ho fatto la figura del tonno, ma questa sera il racconto del primo giorno di scuola sarà fantastico!

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