“Sentire, senza quello il respiro è come un orologio”

“Sentire, senza quello il respiro è come un orologio, che fa tic tac”.

E’ una frase tratta dal film Equilibrium di Kurt Wimmer. Non è un film allegro e per il mio gusto personale le scene d’azione alla John Woo con le pistole sono un po’… diciamo estreme.

L’ambientazione è interessante e ricorda libri come Fahrenheit 4511984: per difendersi da un mondo devastato da un’altra guerra mondiale il genere umano ha deciso di rinunciare ai propri sentimenti, e per non cadere nuovamente nell’errore e mantenere una società perfetta, spietata e fredda, ha istituito il reato d’emozione.

Senza raccontarvi la trama del film voglio dirvi cosa mi ha colpito nella frase che ho citato: l’oggetto non è espresso con  la parola sentimento, ma con il verbo sentire.

Se leggessi sentimento mi verrebbero in mente parole come: felicità, gioia, tristezza, solitudine, ecc.
Invece leggere quel sentire mi fa porre subito la domanda sentire cosa?.

E’ la realtà che bisogna sentire, accettando di pagare il prezzo del possibile dispiacere per ottenere la gioia di fronte al bello della vita. Se non facciamo pratica quotidiana di questo sentire e ci facciamo scivolare addosso tutto quanto, allora siamo come macchine che elaborano dati. Siamo come intelligenze capaci delle creazioni più meravigliose ma incapaci di goderne.

Un concetto apparentemente ovvio, ma se penso a come vivo la mia vita mi rendo conto che la pratica è di certo non banale. Quante volte mi trasformo in un orologio per parte della mia giornata?

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